Parole fra noi, vagabondi dell’anima
Un augurio semisegreto da consegnare alla memoria. Dà voce a frammenti di caccia e fa udire flebili voci d’una favola antica.
Di Rodolfo Grassi.
Amico Cacciatore,
Dio continui a volerTi bene
Le parole diventano piume e svelano storie per noi leggere. Silenziose e trepide, come le speranze di amanti, rilucono in giorni che il tempo colora di malinconia e riscrivono la nostra favola bella. Frammenti incisi nella memoria e che continuiamo a rileggere a voce alta perchè anche altri sappiano. Sono storia di noi vagabondi dell’anima e nessuno riuscirà a profanarla perché nessuno è mai stato capace d‘ imprigionare desideri di cristallo e ricordi affidati al vento.
Così nello specchio provvisorio dei ghiacci di Natale, dei prati che la galaverna fiorisce di gelo, nelle nebbie che ti fanno immaginare oltre la frontiera di grigio un mondo sempre sognato respiri gli ultimi giorni di un’altra stagione.
E’ la caccia con tutte le sue emozioni improvvise e le sue verità contraddittorie che giungono dall’alba del mondo, vivono nel silenzio e ti precedono nel domani.
Sono gli ultimi fagiani che volano bassi.
Le starne che s’avviano verso l’altro fianco della collina.
Le cesene a cui ogni frutto è dono del cielo.
Racconti che emergono prepotenti a farti vivere altri giorni di emozioni ritrovate. Nell’ entusiasmo, nei rari voli, nelle molte speranze. Tenaci com’erano i sogni di bimbo.
Un altro anno si è consumato in fretta sommando le ore ai giorni perché completassero il calendario dei mesi.
Ha portato, proprio come quello che l’ha preceduto, gioie e dispiaceri: è bello credere che per tutti e per ciascuno le prime siano state più numerose degli altri ed il conto che paghiamo alla vita abbia ancora larghi spazi negati al dolore.
Anche a questo oggi ci inducono i pensieri di una caccia che si sta rapidamente avviando verso gli ultimi giorni della sua stagione e ci riporta la gloria del Natale con il carico suggestivo del suo mistero ed il brivido del nuovo anno in cui ogni religione fa ricominciare la vita.
Rammenta l’ansito della lepre che gli antichi pretendevano figlia della luna ed il canto della lodola in cui pagani e seguaci di Cristo vollero vedere la preghiera che sale in alto o resta soltanto desiderio dell’elevazione dell’uomo. Ed insieme a tutto questo la caccia che come una sinfonia immortale trovi ogni volta mai uguale a se stessa anche se vive delle stesse note o percorre i medesimi viottoli.
Perché è un ritmo che privilegia pochi e che solo loro – noi cacciatori – possono ascoltare nei giorni e nei ritmi che il destino ha scandito.
Troppi- e son sempre più – non sanno coglierlo: sono gli incapaci ad ascoltare la voce delle foglie che l’autunno divide dal ramo o il verso del germano, improvviso ed aspro come una sassata, o l’ansito del cane sul tormento di altri passi. Eppoi c’è tutta la grandezza e tutto il sangue del cinghiale, ed il segugio che dà voce alla musica scritta dalla lepre. Vicende e ritmi che si smarriscono in quell’indicibile mistero in cui molti, nel Medioevo, sentirono l’odore impossibile di cose celesti. Proprio come scriveva Ugo di San Vittore (1096-1141) convinto (e a cercar di convincere) che il mondo sia “un libro meraviglioso scritto dal dito di Dio”.
E se è così, come molti (ed io come loro) credono alcune pagine appartengono anche alla caccia autentica che è nel bisbiglio di una piuma che se ne va nel cielo. O nel silenzio impossibile del bosco quando notte e luce, per un istante solo nella sera di ogni giorno e nell’aurora di ogni mattino, paiono incontrarsi e ascoltare le voci della gente o il sussurro degli animali. La caccia è questo e tante altre cose che ciascuno di noi sa e non vuole (o non è capace ) svelare ma ascolta mentre la sua piuma se ne va, a raccontare storie chissà dove e chissà a chi sa ascoltarle.
A Tutti Voi, amici cacciatori ed a quanti vi sono cari, gli auguri di tanti, tantissimi giorni che Dio voglia donarvi sereni.
Rodolfo Grassi
Presidente
Provinciale Federcaccia di Milano e Monza Brianza